Il contadino e il serpente - Fedro

Anna Mercurio 4 Novembre 2015
Morale della favola: La bontà non cambia la natura agli ingrati, ovvero, la gentilezza verso il male sarà ricambiata con il tradimento.
C'era una volta un contadino che tutti i giorni si recava in campagna. Un rigido mattino d'inverno, mentre l'uomo si apprestava a raggiungere i suoi campi, notò sul terreno un serpente che stava morendo per congelamento a causa del freddo. Siccome l'agricoltore era una persona dal carattere buono e molto rispettoso della natura, non riuscì a tirare dritto sapendo che il rettile non avrebbe retto per molto se fosse rimasto ancora all'addiaccio. Così ne ebbe pietà.

Lo raccolse da terra e delicatamente lo poggiò in un cesto per la frutta che aveva con sé, quindi, tornò indietro, verso la sua abitazione. Giunto a casa l'uomo accese subito il camino, poi prese il serpente e lo ripose sul suo grembo davanti al fuoco. Quello (la serpe), che nel frattempo, grazie al tepore della fiamma gli erano ripresi a funzionare tutti i suoi istinti naturali, morse il suo benefattore infliggendogli una ferita mortale.

"Ahimè!" Esclamò il pover'uomo che, esalando l'ultimo respiro, ansimante, disse: "sono stato giustamente punito per avere avuto pietà di un farabutto."

Nella versione di Esopo, la storia del contadino che trova un serpente congelato nella neve, racconta così: avendo pietà di lui, l'uomo lo prende in braccio e lo copre con il suo cappotto. La vipera, ravvivata dal caldo, morde il suo soccorritore il quale morendo si rende conto che è colpa sua.
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